22 dicembre 2022

L'ospite




era così intimorito dall'amore e dalla vita,
ne era così spaventato,
che preferì dimenticare se stesso
nella sfolgorante apatia del non-essere.
novello Amleto che smarrì
il suo infinito



                                               ©Liolucy

20 dicembre 2022

Delle Mille Solitudini

 
Delle mille solitudini è presto detto
Ad ogni passo saldiamo il conto  
con la nostra innocenza 
con i nostri sogni
senza nobiltà e senza delitti
La comodità perfetta dei sensi nascosti
rende brevi i giorni e allunga le notti
colora le nostre albe e divampa nei
tramonti che smarriscono lo sguardo
Il chiarore effimero dei pensieri è
matematica di intenzioni e
l'eco sommessa del cielo rimbalza
nell'iridescenza di un attimo voluto
cercato e abbandonato
Si tenta di decorare meravigliosamente
il cammino che ci viene incontro
con l'illusione di viali idilliaci che
fiancheggiano i dolori dello spirito
Ma le mille solitudini scavano silenziose
come gocce nella roccia in corridoi di
ricordi perduti tra le luci della ribalta
Le mille solitudini sono fardelli nel deserto
asciugano il petto con il vento del nord 
sono vetri freddi invisibili che balzano
sordi e soffocanti sulla forza
del tempo che divora ogni cosa
L'unica lusinga che ci resta è
la voce di una stella accovacciata 
tra le pieghe di una nuvola viola
che guarda le nostre ali di fiamma
senza fare rumore





                                                   ©Liolucy

16 dicembre 2022

Indizi

 
L'urto
il brivido
il lampo
L'incontro dei nostri 
sguardi
i nostri sorrisi
indizi silenziosi
Il tramonto al di là
del vetro
artiglia i sogni 
per renderli
fintamente reali
Tu naufraghi 
nei miei fianchi
sangue nudo che
solca il mio sapore
La mia bocca avida
che beve il tuo respiro
miele e sale
tabacco d'oriente
Il riflesso cremisi divora
l'attimo liquido per
dissolvere il miraggio
di un desiderio
Lusinga
Vaghezza
Noi
Incompiuti



                                ©Liolucy


13 dicembre 2022

il mio adorato Oscar

 

"Tramite il socialismo, il comunismo, o come lo si voglia chiamare si è cercato di realizzare l'individualismo. Ne risulta che lo Stato deve rinunziare all'idea di governare. Deve rinunziarvi perché, come disse un uomo saggio molti secoli prima di Cristo, esiste la possibilità di lasciare in pace l'umanità, ma non esiste la possibilità di governarla. Tutte le forme di governo sono fallimenti. Il dispotismo è ingiusto con tutti, anche col despota, che probabilmente era fatto per cose migliori. Le oligarchie sono ingiuste con i molti e le oclocrazie sono ingiuste con i pochi. Si nutrono grandi speranze a proposito della democrazia, ma democrazia significa semplicemente prevaricazione sul popolo da parte del popolo per il popolo. Lo si è scoperto. Debbo dire che era anche ora, poiché l'autorità è sempre piuttosto degradante. Degrada coloro che la esercitano e degrada coloro sui quali è esercitata. Quando è usata in modo violento, volgare e crudele, produce effetti positivi, creando o comunque provocando quello spirito di rivolta e quell'individualismo che è destinato ad ucciderla. Quando è usata con una certa gentilezza, e accompagnata da premi e riconoscimenti, è terribilmente demoralizzante. Gli uomini, in tal caso, sono meno coscienti dell'orrenda pressione cui sono sottoposti, e vivono la propria vita in una specie di rozzo confort, come bestioline vezzeggiate, senza mai accorgersi che probabilmente pensano pensieri altrui, vivono secondo standard altrui e indossano quelli che si potrebbero chiamare vestiti usati, senza mai essere se stessi, neppure per un istante. "Chi vuole essere libero", sostiene un raffinato pensatore, "non si adegui". E l'autorità, inducendo la gente ad adeguarsi, produce tra di noi una gran quantità di barbarie ipernutrita."



(Oscar Wilde - estratto da L'Anima dell'Uomo Sotto il Socialismo - 1891)


23 novembre 2022

Abbandono


Un amore bugiardo
soffoca il cielo

Si congeda  la luna

Questo freddo 
morde il cuore



                                    ©Liolucy

18 novembre 2022

Sonno Bianco


Sono dentro un sonno senza sogni,
un sonno bianco, etereo, che
bagna le mie ossa come una 
pioggia improvvisa
È un balsamo misterioso e
dolcissimo, che cura il dolore
della tua assenza, amarezza
sepolta nel giorno.
Quando il mattino mi restituisce
il cielo con le sue nuvole,
una luce opaca mi sussurra:
"l'amore che porti dentro è
quello che resta".

E muoio nel tuo volto.




                                                       ©Liolucy

8 novembre 2022

Fëdor


[...] 

l'uomo tiene conto solo del suo dolore, e la felicità non la calcola neppure. Ma se facesse bene i suoi conti, capirebbe che a ogni vita ne è destinata una parte.


Фёдор Михайлович Достоевский


31 ottobre 2022

il piacere di una frittata

 
mi piace piacerti, perché tu mi piaci un sacco e una sporta.
così si dice dalle mie parti: "mi piaci un sacco e una sporta". rendo l'idea?
sì, mi piace piacerti e, se capita che tu mi dica che io ti piaccio, è chiaro che io vada automaticamente in brodo di giuggiole. perché tu mi piaci, e proprio a causa di questa inalienabile verità, ripeto 
mi piace piacerti. 
anche a te piace piacermi? per il mio stesso motivo? se ti piaccio e dico che tu mi piaci e mi piace che io ti piaccio perché allo stesso modo mi piace piacerti così come a te piace piacermi, vai in brodo di giuggiole anche tu? sì? beh, allora siamo due piacioni!
bene, dopo questa attenta ed elaborata analisi, se ti stai trovando sulla mia stessa lunghezza d'onda ingarbugliata, vorrei chiederti se hai mai notato come questa lieta consapevolezza faccia friggere il cuore. ti pare anche a te? frittura di cuore, o almeno è quello che percepisco.
sento un frrr zzzz  frrrrzzzz proprio lì, nell'esattissimo momento in cui tu ti fai piacere da me, 
perché a te piace piacermi poiché tu mi piaci, ecc. ecc. 
giunti a questo punto, sarebbe più corretto usare un altro modo di dire, e più precisamente: 
"andare in frittura di giuggiole". un'espressione che ho appena inventato per noi due. 
ti piace? fammelo sapere, perché mi piace piacerti, non dimenticarlo!
concludendo, in sostanza possiamo affermare che ogni volta che ci piacciamo un sacco e una sporta, stiamo facendo una bella frittata di cuore, dorata e croccante. 
il cuore frigge, frigge, frigge, e noi non possiamo fare altro che verificarne la cottura.
ecco tutto.

P.S. mi piaci tanto tanto




28 ottobre 2022

Distanze

 

Un ricordo quasi intollerabile
sembrava rigare il giorno
di grigio sporco
Corrodeva i suoi passi
Sfiancava la sua ombra
Annebbiava il sogno

E tra dolcezze e atrocità
si interrogava sulla futilità
tragica della vita
Dolore universale
Gioia incompiuta
Tenerezza d'autunno



                                    
                                 ©Liolucy

25 ottobre 2022

Il Mare

 

eternità divorata dal vento



                                                                               ©Liolucy

18 ottobre 2022

PPP


L’uomo tende a addormentarsi nella propria normalità, si dimentica di riflettersi, perde l’abitudine di giudicarsi, non sa più chiedersi chi è. È allora che va creato artificialmente, lo stato di emergenza: a crearlo ci pensano i poeti. I poeti, questi eterni indignati, questi campioni della rabbia intellettuale, della furia filosofica.


— Pier Paolo Pasolini



15 ottobre 2022

L'attimo



precipito nei tuoi occhi

ed è subito senso



                                                                                                       ©Liolucy


9 ottobre 2022

E Poi


e poi...
lasciarsi cadere tra
le braccia  d'argento della
luna,
rifugiarsi in un effimero
oblio,
mentre la solitudine graffia 
l'aria dolce delle stelle




                              ©Liolucy

6 ottobre 2022

C'è Una Pace Triste Questa Notte

 

C'è una pace triste questa notte:
l'argento vuoto della luna;
il candore indistinto 
di una stella lontana;
il sonno assente.

E allora,
sai cosa faccio?
Penso a te, e
ai tuoi placidi temporali,
abissi scoloriti di rosso
che fluttuano nella tua mente.
Penso ai tuoi silenzi 
che bruciano pigri,
che riempiono i vetri 
freddi del tempo.
Penso a domani, a quando
mi ritroverò in quei luoghi
che sono anche i tuoi,
a quando farò finta di dimenticare
il rumore che fai nei miei pensieri.

C'è una pace triste questa notte:
è una notte lenta, che allunga
la sua voce nei miei respiri,
mentre penso a ciò 
che non dovrei pensare.




                                                  ©Liolucy


20 settembre 2022

Geometrie


Vado in giro e incontro 
forme diverse, consistenze audio, 
tonalità di colori, respiri imperfetti.
Ad un tratto il lampo di uno sguardo 
si innesta nella vibrazione del mondo 
e il rumore grigio della realtà diventa 
uno spazio dentro il quale 
una domanda attende una risposta
Il movimento circolare che ci consuma  
è il repertorio dell'infinito?




                                            ©Liolucy

14 settembre 2022

@Ricky

 
nel sentimento tragicomico della vita
vi è qualcosa di più sottile 
e di più profondo
delle sabbie del tempo
che ti consumano..


.attimi

10 settembre 2022

Oriana


Il non voto è ovviamente un voto: un voto legale e legittimo, un voto per dire andate tutti all’Inferno. Ma è anche il voto più triste, il più deprimente, il più straziante, che possa esistere: il voto di un cittadino che non si riconosce in nessuno, di chi non si fida di nessuno, di chi non sa da chi farsi rappresentare, e che per conseguenza si sente abbandonato, frustrato, solo. I nostri compagni si sono fatti torturare, fucilare, eliminare nei campi di concentramento, perché noi riottenessimo il diritto di voto. E io non voto! Soffro, si. E maledico il mio rigore, la mia intransigenza, il mio orgoglio. Invidio chi è capace d’adattarsi, di piegarsi, raggiungere un compromesso e votare per un candidato che sembra meno peggio degli altri.



Oriana Fallaci


31 agosto 2022

Kiry Kinder


Kiry Kinder era un brav'uomo, come ce ne sono tanti. 
pensava spesso alla morte - bisogna ammettere che effettivamente è la cosa peggiore che può capitare a uno vivo - e tentava di risolvere il problema della morte in diversi modi: scrivendo a random, facendo finta di lavorare, bevendo una sigaretta, attraversando i binari senza guardare, mangiando schifezze immonde, non partecipando ai funerali, insomma, faceva tutte quelle cose lì che confondono la morte, ma soprattutto lo gratificava una convinzione. la convinzione di essere immortale.  
era matematicamente certo che, una volta estinto si sarebbe parlato di lui ancor più che da vivo e quindi l'immortalità era assicurata. da morto sarebbe stato più immortale che da vivo, non c'erano dubbi. 
anche se Kiry Kinder come tutti era nato piangendo stringendo i pugni, e che come tutti si stesse sforzando di conoscere se stesso, si sentiva un essere diverso dagli altri, un essere eccezionale, e andava più che fiero di se stesso, tanto che quando si guardava allo specchio lo faceva sempre con sollazzo e sollucchero.
però, sapeva benissimo che quando sarebbe morto si sarebbe dimenticato chi era, come se non fosse mai stato Kiry Kinder, e questa cosa lo disturbava molto, anzi lo sconvolgeva.
ed era forse per questo cruccio irrisolto che ogni volta che aveva una discussione con qualcuno, voleva avere sempre ragione. era un modo come un altro per risolvere il problema della morte.
voleva avere ragione quando aveva ragione; 
voleva avere ragione quando aveva quasi ragione, o a metà o a tre quarti (ma lui la voleva tutta);
voleva avere ragione quando la ragione la volevano gli altri, e lui per dispetto non contava fino a dieci;
voleva avere ragione quando nessuno la voleva, e lui per dispetto pagava da bere a tutti;
voleva avere ragione appena sveglio e prima di andare a dormire;
voleva avere ragione anche mentre faceva la cacca.
voleva avere ragione addirittura anche quando non sapeva cosa farsene - della ragione.  
ma soprattutto e indubitamente, lo caratterizzava il fatto che 
voleva avere ragione specialmente quando aveva torto. 
ammettere di avere torto per Kiry Kinder era un fenomeno rarissimo, forse non era mai accaduto nella sua vita. il suo corpo opponeva una resistenza galattica a quella che considerava un'assurdità. "ho torto? ma per carità! lotterò con le unghie e tutti i miei capezzoli contro una simile idiozia!". questa faccenda di non voler ammettere di avere torto quando aveva torto, costituì l'essenza stessa della sua esistenza, a tal punto che sconfisse la morte come si augurava, e fu ricordato per sempre come 
Kiry Kinder, l'uomo che voleva avere sempre ragione soprattutto quando aveva torto.

fine.



(ogni riferimento a fatti esistenti o a persone veramente accadute è puramente inoffensivo )



                                                                                                                   ©Liolucy

27 agosto 2022

Insomnia


Nell'odore della notte
che attende le parole e
nei miei turbamenti
che testimoniano 
l'accaduto
appena prima del
mare d'agosto precipitato
nella tua bocca
Eccola la mia vita da
sonnambula
preda del mio pensiero
per te 
che si fonde nel buio
e nello spettinato silenzio
di un attimo
Tu
Dolcezza mortale
Allucinazione e supplizio
Aspro veleno




                                          ©Liolucy

24 agosto 2022

Elucubrazioni Estive


l'altro giorno il mio cervello ha cominciato a parlare a se stesso, e non voleva saperne di dialogare con la mia parte similcosciente che solitamente tende a complicargli l'esistenza. questa volta ha voluto fare l'indiano di fronte alle mie insistenti richieste di andarsene a dormire, e così ho dovuto sorbirmi il suo piccolo monologo sulla morte.
ma dico io: possibile che un cervello si metta a pensare alla morte a tarda notte, prima di addormentarsi? 
ebbene sì, è possibile. ecco cosa si stava raccontando:

tutto ciò che è definitivo è decisamente  semplice. come la morte, per esempio.
la morte è definitiva, quindi è semplice. non c'è molto da discuterne.
quando sei morto, sei morto. amen. eppure c'è chi ha paura della morte.
lo sappiamo tutti che nascere è una condanna a morte. in sala parto appena nati
dovrebbero dirci immediatamente:
"lei è condannato. mi dispiace, le rimangono solo ottanta anni di vita, salvo complicanze".
semplice. come la morte. appunto.
la vita - al contrario della morte - non è definitiva. quindi non è semplice, ma è complessa. 
e qui ci sarebbe molto da discuterne. tornando al paragone, se quando sei morto sei morto e amen, è inversamente proporzionale l'evidenza fattuale che quando sei vivo, non sei semplicemente vivo e amen. eh no!
no, sei sempre in lotta, e cerchi di risolvere i problemi che la vita ti pone, del tipo... 
'perché il mio cane non mangia le crocchette?'.
oppure ti fai le grandi domande esistenziali, della serie... 
'dove vanno a finire i calzini scomparsi?'
'perché il prosciutto è salato?'
'se l'ozio è il padre dei vizi, chi è il cugino?'
e via di questo passo.
sì, insomma, quando sei vivo entrano in gioco tante variabili astruse che, in un blog non è possibile contemplare in maniera esaustiva e soddisfacente. 
e allora, meglio non scrivere nulla a riguardo, evitando di fare brutte figure, e ritengo sia molto più saggio concludere  la giornata con la mia logica semplificativa, ammettendo che
la vita è sempre in bilico sull'orlo della sconfitta. 
ergo, la morte vince sempre.


                                                                          
                                                                                                                                                                                                                                                                                                                          ©Liolucy

13 agosto 2022

Spazio

 
Quello che sento è assolutamente incomunicabile
E il mio passato non è in vendita
Bivacco davanti alle tenerezze profonde
delle mie ferite mentre la realtà 
e i suoi delitti deformano il presente

Non ho altri ricordi al di là di questa mia vita
che assomiglia ad un muro divorato dal sole
Ostaggio del tempo
Esilio di stelle
In attesa del nulla



                                                                               
                                                              ©Liolucy

3 agosto 2022

Titolo


L'aurora è risorta 
e seppellisco il morto
nei miei occhi
con i miei occhi

I ritagli del nuovo giorno
vele del silenzio
invocano l'azzurro e 
la danza senza posa

Per annegare le ombre
i fiori defunti e
le ultime maschere
della notte appena spenta




©Liolucy

28 luglio 2022

Soirée


I bicchieri tintinnano
all'interno del bar
e la sera 
si affaccia stanca
sul frastuono della città 
Polvere
Tumulto
Soliti rumori
Chiacchiere indistinte
Uno squillo improvviso
Nuove conoscenze
Amicizie spezzate
Grida di bambini
Una coppia si saluta
A lei trema la mano
Lui sorride
La vita è una farsa
e il mio pallido amore
vaga su foglie morte
Un clacson isterico
Il tram si svuota
Capolinea
E più tardi
non può esserci che
la fine del mondo



                                          ©Liolucy


23 luglio 2022

Deposizione di Primo Levi per il processo Bosshammer

 




Tribunale di Torino, lunedì 3 maggio 1971


Primo Levi, nato a Torino il 31.7.1919, residente a Torino, Corso Re Umberto 75.


Sono stato arrestato nel dicembre 1943 dalla milizia fascista, in seguito a una delazione. L’azione della milizia fascista non era diretta alla cattura degli ebrei, ma di un gruppo partigiano di cui io facevo parte. Dopo l’arresto sono stato interrogato dalla milizia stessa e dalla polizia italiana; nel corso di questo interrogatorio ho dichiarato io stesso di essere ebreo. In seguito a questa mia dichiarazione, sono stato inviato al campo di raccolta di Fossoli, presso Carpi. Il trasferimento al campo di Fossoli ebbe luogo verso la fine del gennaio 1944.

A quanto mi risulta, in quel momento il campo di Fossoli si trovava sotto l’amministrazione della polizia italiana. I nostri rapporti con i funzionari della polizia italiana erano discreti. A nostra domanda, essi ci assicurarono piu’ volte che il campo sarebbe rimasto sotto amministrazione italiana e che non saremmo stati ceduti all’autorita’ tedesca. Non posso dire con precisione quando le autorita’ tedesche sono subentrate a quelle italiane nella direzione del campo: ricordo pero’ di avere visto per la prima volta uomini delle SS il giorno 20 febbraio 1944; posso garantire questa data perchè subito dopo il mio ritorno ho scritto appunti destinati ad essere inclusi in un libro. Questo libro porta il nome italiano "Se questo è un uomo". Il giorno 20 circa, ho visto per la prima volta personalmente un gruppo di quattro o cinque SS; non ricordo il numero esatto. Che fossero appartenenti alle SS lo posso dire con precisione, perchè gia’ a quel tempo conoscevo la differenza tra le uniformi della Wehrmacht e quelle delle SS.

Secondo i racconti di alcuni miei compagni di prigionia, questi militari delle SS erano gia’ presenti al campo da qualche giorno, ma io li ho visti per la prima volta verso il 20 febbraio. Non posso dire quali fossero i loro gradi, ma posso affermare che almeno uno di loro era un ufficiale, perchè ho udito che assegnava ordini agli altri. Non ho potuto osservare se era arrivato insieme con gli altri o no. Questo ufficiale ha scambiato qualche parola in tedesco anche con noi: si serviva occasionalmente anche di qualche parola italiana e ricordo di averlo udito dire, rivolto agli altri, in italiano: «Campo grande, legna niente»; nella sua intenzione questo era un rimprovero per l’amministrazione precedente del campo. Da questa sua frase abbiamo tratto qualche speranza sul nostro futuro destino. Mi sono state mostrate alcune fotografie dall’imputato Bosshammer, ma non sono in grado di riconoscere in queste immagini alcune delle persone viste allora. A quanto mi ricordo, al momento del mio arrivo nel campo di Fossoli, gli ebrei italiani era da 100 a 200; il loro numero aumento’ poi rapidamente, e raggiungeva la cifra di 650 al momento della deportazione. Poco prima del 20 febbraio giunse a Fossoli un gruppo di ebrei proveniente dalle Carceri Nuove di Torino. Non posso dire se essi furono condotti a Fossoli da italiani o da tedeschi. Non posso neppure dire se insieme con le SS giunse a Fossoli un gruppo di 60 fino a 80 ebrei. Non posso dire con precisione se gli arrivi furono piu’ frequenti nella seconda meta’ di febbraio, ma ricordo che circa quindici giorni dopo il nostro arrivo un gruppo di ebrei appena arrivati dovette dormire per terra una notte perchè mancava posto per ospitarli.

A quanto ricordo, i circa 400 ebrei che giunsero a Fossoli durante il mio soggiorno sono arrivati a scaglioni. Formalmente l’amministrazione del campo era rimasta in mano italiana, ma avemmo subito l’impressione che il comando effettivo fosse passato ai tedeschi; infatti la sera stessa del 20 febbraio un soldato delle SS da noi interrogato disse che saremmo partiti l’indomani o il dopodomani. Erano queste, forse, le prime parole tedesche che sentivo. Il tedesco che pronuncio’ questa frase era un soldato semplice. Dopo l’annuncio della partenza le condizioni interne del campo non cambiarono, ma la guardia esterna fu rinforzata. Da parte tedesca, non posso dire da chi personalmente, venne dichiarato che se uno di noi fosse fuggito, dieci sarebbero stati fucilati. Il mattino del 21 febbraio alcuni di noi chiesero ai soldati delle SS se avremmo dovuto o potuto portare con noi le nostre cose. Ci risposero che saremmo stati trattati bene, ma che il paese di destinazione era freddo; percio’ ci consigliarono di portare via tutto quanto possedevamo, denaro, oro, gioielli, valute e particolarmente pellicce, coperte ecc.

Chiedemmo ai soldati delle SS qual era la nostra destinazione e che cosa sarebbe avvenuto di noi, ma ci risposero che non lo sapevano. Le SS possedevano pero’ un elenco alfabetico, poichè al mattino del 21 febbraio ebbe luogo un appello a cui i singoli dovevano rispondere: «Presente». Ricordo con precisione il numero degli ebrei deportati, che erano 650, perchè al termine dell’appello un tedesco disse: «650 Stuck, alles in Ordnung». Non ricordo chi esegui’ l’appello, se cioè l’ufficiale o i soldati. Sono sicuro che la partenza avvenne il 22 febbraio, non solo in base a quanto ho scritto nel libro citato , ma anche in base a una lettera di cui conservo copia, che io scrissi subito dopo il mio rientro in Italia ad alcuni miei parenti in America. Non ricordo se dopo l’arrivo dei tedeschi abbiano avuto luogo contatti da parte nostra con la polizia italiana del campo allo scopo di evitare le deportazioni.

Nei giorni precedenti avevamo cercato di ottenere qualche assicurazione contro la deportazione, ma non avemmo che qualche promessa molto vaga, dalla quale si capiva che non avevano voce in capitolo. Dopo l’appello venimmo caricati su alcuni pullman, insieme con i nostri bagagli, e portati dal campo alla stazione ferroviaria di Carpi. Le SS erano con noi, i nostri bagagli erano sul tetto del pullman, e all’arrivo alla stazione un soldato delle SS mi ordino’ di salire sul tetto per scaricare i bagagli; a quel tempo io non comprendevo i tedeschi e non capii questo ordine; il soldato mi percosse e mi obbligo’ con la violenza a salire sul tetto. Mi pare di essere stato trasportato da Fossoli a Carpi con uno dei primi pullman. Non posso dire se questi pullman fecero un viaggio solo o piu’ viaggi da Fossoli a Carpi e viceversa. Quando giunsi alla stazione di Carpi, mi pare di ricordare che il treno era ancora quasi vuoto. Secondo l’intenzione dei tedeschi, i vagoni avrebbero dovuto essere occupati per ordine alfabetico, a partire dal primo; riuscimmo pero’ in certa misura a evitare questo ordinamento, in modo da non separarci da alcuni amici. Mi pare di ricordare che il mio pullman parti’ da Fossoli verso le 10 di mattina. Il treno fu completamente occupato verso le 14, ma non parti’ che verso le 18. Molti prigionieri che volevano ricongiungersi in altri vagoni con amici o parenti furono percossi rudemente.

Quest’ordine dei tedeschi, di occupare il treno per ordine alfabetico, venne fatto rispettare con grande durezza anche quando in questo modo si venivano a separare gruppi familiari in diversi vagoni. Io venni percosso con calci e col calcio di un fucile. Un mio collega, che tentava di cambiare vagone, venne sbattuto contro il montante del vagone, e ferito alla fronte, tanto che giunse ad Auschwitz ferito, con la ferita ancora aperta. Il treno era composto da dodici vagoni merci, ciascuno dei quali era occupato da 45 fino a 60 persone. Il mio vagone era il piu’ piccolo ed era occupato da 45 persone. Un occupante il mio vagone potè leggere un cartello appeso all’esterno del vagone stesso che portava la scritta «Auschwitz», ma nessuno di noi sapeva il significato di questa parola, nè dove la localita’ si trovasse.

La nostra scorta viaggiava in un vagone particolare, non ricordo se in testa o in coda al convoglio, e non ricordo se era un vagone merci o viaggiatori; questo vagone conteneva anche le scorte per il viaggio. La nostra scorta era composta di uomini delle SS, almeno in parte: infatti le nostre condizioni psicologiche durante il viaggio non erano tali da permetterci di fare distinzioni. Mi è stato detto che nel 1945 ho deposto che almeno due del personale di accompagnamento erano SS del campo di Fossoli; puo’ essere che allora la mia memoria fosse piu’ fresca di adesso, in ogni caso a quel tempo ho cercato di rispondere nel modo piu’ veridico possibile. Non posso ricordare se l’ufficiale delle SS, che avevo visto a Fossoli, fosse con noi durante il viaggio sul pullman o piu’ tardi sul treno. I vagoni contenevano soltanto un po’ di paglia sul pavimento e nessun tipo di gabinetto e nessun secchio.

Nel nostro vagone c’erano alcuni bambini, e percio’ era disponibile qualche vaso da notte, per mezzo del quale potevamo liberarci degli escrementi attraverso la finestrella del vagone. Era possibile uscire dal vagone solo una volta al giorno, qualche volta in stazioni, qualche volta in aperta campagna. In entrambi i casi, i prigionieri dovevano adempiere ai loro bisogni personali pubblicamente, sotto i vagoni o nelle vicinanze immediate, e promiscuamente, uomini e donne. La scorta era sempre presente. Alla notte c’era appena lo spazio per dormire coricati per terra, su un fianco, e compressi l’uno contro l’altro. I vagoni erano privi di riscaldamento, e la brina si condensava all’interno.

Alla notte faceva molto freddo, di giorno si soffriva un po’ meno perchè ci si poteva muovere.  Per quanto riguarda l’alimentazione, ci era stato concesso di provvedere ad alcune scorte di pane, marmellata e formaggio, e acqua; il pane e la marmellata erano in misura sufficiente per non soffrire la fame, ma l’acqua era molto scarsa, perchè a Fossoli non possedevamo recipienti, percio’ tutti soffrivano gravemente la sete. La scorta ci proibiva di chiedere acqua all’esterno e di riceverne attraverso il finestrino.

Durante tutto il viaggio non ricevemmo alcun alimento caldo; solo durante la discesa quotidiana dal vagone, due o tre uomini per vagone venivano condotti dalla scorta al vagone delle provviste, per prelevarvi il pane e la marmellata per il loro vagone. Soltanto una volta, a Vienna, ci fu concesso di rinnovare la scorta d’acqua. Nel nostro vagone c’era un bambino ancora lattante e una bambina di tre anni. Anche per loro non vi fu nulla da mangiare se non la razione di pane e marmellata. Mi è stato detto che almeno un caso di morte ebbe luogo durante il viaggio; non ricordo se si trattasse di un uomo o di una donna. Questo dettaglio mi è stato raccontato da un mio amico medico, che faceva parte del trasporto. Il nostro convoglio termino’ il viaggio la sera del 26 febbraio, il treno si fermo’ alla stazione civile della citta’ di Auschwitz (non a Birkenau o non nel campo centrale). Appena fummo discesi dai vagoni, ebbe luogo una rapidissima selezione: furono formati tre gruppi.

Del primo gruppo, a cui io appartenevo, facevano parte 95 o 96 uomini adatti al lavoro; del secondo gruppo facevamo parte 29 donne adatte al lavoro; tutti gli altri furono giudicati non adatti al lavoro. Il numero delle donne adatte al lavoro in quel momento è stato da me soltanto valutato: dopo il rimpatrio ho pero’ avuto conferma dalle donne sopravvissute che si trattava proprio di 29. Gli uomini validi, di cui io facevo parte, furono trasportati con un camion quella notte stessa al campo di Buna-Monowitz. Il gruppo maggiore, costituito dai non adatti al lavoro (tutti i bambini, i vecchi e le donne con figli, i malati e gli inabili), furono caricati su camion e portati a una destinazione a noi sconosciuta.

Solo qualche mese dopo, quando nel campo di Monowitz io incominciai a capire il tedesco e a comprendere i discorsi dei miei compagni, mi resi conto che gli inabili al lavoro erano stati tutti soppressi nei giorni immediatamente seguenti all’arrivo: cio’ mi fu confermato dal fatto che dopo il mio ritorno in Italia nessuno di loro fu piu’ ritrovato nè giunse sua notizia.

Allego alla presente deposizione un mio appunto che consiste in una lista di 75 nomi che ho potuto ricostruire dopo il mio ritorno in Italia. Si tratta di 75 sui 95 o 96 uomini adatti al lavoro che entrarono con me nel campo di Monowitz. I nomi cerchiati sono quelli di coloro che sopravvissero alla liberazione, i nomi contrassegnati con T sono quelli che fecero parte del trasporto di evacuazione avvenuto nel gennaio 1945 da Auschwitz verso Buchenwald e Mauthausen; con S sono contrassegnati i nomi dei morti di selezioni; con M i nomi dei morti di malattia; e con L il nome dell’unico prigioniero morto dopo la liberazione e prima del rimpatrio. Di alcuni miei compagni ho potuto ricostruire il numero di matricola: le prime cifre di detto numero sono in tutti i casi 174. Il mio numero di matricola era: 174517.

Prima del mio arrivo ad Auschwitz non conoscevo i nomi dei campi di concentramento e i dettagli dello sterminio che vi aveva luogo; tuttavia avevo avuto notizie concrete sull’operazione di sterminio degli ebrei attraverso le fonti seguenti:
1. articoli comparsi sui giornali svizzeri, in particolare sulla Gazette de Lausanne, che durante la guerra era possibile leggere in Italia;
2. audizioni clandestine delle radio emittenti alleate, in specie Radio Londra;
3. un «libro bianco» pubblicato dal governo inglese sulle atrocita’ tedesche nei campi di sterminio, opuscolo che mi era pervenuto clandestinamente e che io stesso avevo tradotto dall’inglese in italiano;
4. vari colloqui avuti con militari italiani reduci dalla Russia, dalla Croazia e dalla Grecia, i quali tutti avevano assistito a maltrattamenti, uccisioni e deportazioni di ebrei da parte di tedeschi;
5. colloqui avvenuti nel 1942 fino al 1943 con ebrei profughi dalla Croazia e dalla Polonia che si erano rifugiati in Italia. In base a tutte queste informazioni, al tempo della nostra deportazione pensammo che il nostro destino sarebbe consistito in una prigionia molto dura, in un lavoro forzato, in una scarsa alimentazione ecc., ma non prevedevamo che in campo di concentramento si svolgesse un’azione di sterminio cosi’ metodica e su scala cosi’ grande.


Letto confermato e sottoscritto. 

Primo Levi 


[1971]


13 luglio 2022

12 luglio 2022

Io Uccido


Io Uccido di Giorgio Faletti.
un romanzo che lessi nel lontano 2004, e che mi appassionò moltissimo, scritto magistralmente, con un senso del ritmo davvero pregevole, scorre come un fiume in piena e tiene incollati alle pagine; una lettura che consiglio a chiunque piaccia il genere noir.
di questo artista poliedrico  ho letto anche altro, ma questa è senza ombra di dubbio la sua opera migliore. la sua opera prima.
ecco l'incipit




L'uomo è uno e nessuno.
Porta da anni la sua faccia appiccicata alla testa e la sua ombra cucita ai piedi e ancora non è riuscito a capire quale delle due pesa di più. Qualche volta prova l'impulso irrefrenabile di staccarle e appenderle a un chiodo e restare lì, seduto a terra, come un burattino al quale una mano pietosa ha tagliato i fili.
A volte, la fatica cancella tutto e non concede la possibilità di capire, l'unico modo valido di seguire la ragione è abbandonarsi a una corsa sfrenata sul cammino della follia.
Tutto intorno è un continuo inseguirsi di facce e ombre e voci, persone che non si pongono nemmeno la domanda e accettano passivamente una vita senza risposte per la noia o il dolore del viaggio, accontentandosi di spedire qualche stupida cartolina ogni tanto.
C'è musica dove si trova, ci sono corpi che si muovono, bocche che sorridono, parole che si scambiano e lui sta fra di loro, uno in più per la curiosità di chi vedrà sbiadire giorno per giorno anche questa fotografia.
L'uomo si appoggia a una colonna e pensa che sono tutti inutili.
D fronte a lui, dall'altra parte della sala, sedute una di fianco al'altra a un tavolo vicino alla grande vetrata che dà sul giardino, ci sono due persone, un uomo e una donna.
Nella luce soffusa, lei è sottile e dolce come la malinconia, ha i capelli neri e gli occhi sono verdi, talmente luminosi e grandi che li vede anche da lì. Lui ha occhi solo per la sua bellezza e le parla all'orecchio, per farsi sentire oltre il frastuono della musica. Si tengono per mano e lei ride alle parole del compagno, rovesciando la testa all'indietro o nascondendo il viso nell'incavo della sua spalla.
Poco fa lei si è voltata, forse punta in qualche modo dalla fissità dello sguardo dell'uomo appoggiato alla colonna, cercando l'origine di un lontano disagio. I loro occhi si sono incrociati ma quelli di lei sono passati indifferenti sulla sua faccia come sul resto del mondo che la circonda.
È tornata a regalare il miracolo di quegli occhi all'uomo che è con lei e che la ricambia con lo stesso sguardo, impermeabile a ogni messaggio esterno al di fuori della sua presenza.
Sono giovani, belli, felici.
L'uomo appoggiato a una colonna pensa che presto moriranno.

Giorgio Faletti 



4 luglio 2022

caro amico ti scrivo..


caro amico,

ti ringrazio per essermi stato di conforto nei momenti in cui ti chiedevo vicinanza per scongiurare insieme il castigo del male e dell'odio negli uomini, in questi anni di sonnolenza e fango;
ti ringrazio per avermi fatto ridere come in un allegro gioco di carte che brillano sotto il sole;
ti ringrazio per aver amato insieme a me il mare, eterno come l'aria.

mi hai comunicato della tua decisione di lasciare l'Italia, e questa notizia mi ha messo
un po' di malinconia, e sento già l'odore della tua assenza, ombra allo specchio.
conserverò - come si conserva una margherita tra le pagine di un libro caro - l'ultimo pensiero che mi hai voluto dedicare nella tua lettera
"Abbi cura di te e solo di chi ti ama"
sì, dolce amico, ti prometto che lo farò, ed ogni volta che accadrà penserò a te, immaginandoti in cammino per le strade di un nuovo rione, con la brezza lieve sulla fronte e una nuova alba che ti libererà da quel dolore costante, 
il disperso amore che ha disanimato il mondo.

ciao


Lucy



23 giugno 2022

Pochi Centesimi



Le mie parole
valgono pochi centesimi
sono cadaveri che franano
sul mio cuore

Una stella d'argento 
seppellirà
vecchi amori bugiardi
e demoni di ogni specie

E laggiù
al di là della notte
cadrà il mio sonno
deserto

Le mie parole 
valgono pochi centesimi
e si consumano 
mordendo il cielo

Il chiaro di luna
cancellerà 
la crudeltà del mondo
nido di fiamme

E nel silenzio del vento
naufragheranno 
le mie parole 
dedicate a te

Valgono pochi 
centesimi





                                     ©Liolucy

14 giugno 2022

Non Trovo Le Parole



non trovo le parole per raccontarti del fango che sferza
il dolore bluastro di città spente a morte

non trovo le parole per lasciarti la fotografia del lamento
di montagne nere come la pece

non trovo le parole per descriverti il flagello che taglia
come una lama il volto del cielo

ma è qui
il grido che apre brecce nelle vene
il fumo che corrode i tetti
la bestia feroce che strappa le carni

e mi vergogno della notte scesa sul mondo





                                                                                  ©Liolucy