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12 luglio 2022

Io Uccido


Io Uccido di Giorgio Faletti.
un romanzo che lessi nel lontano 2004, e che mi appassionò moltissimo, scritto magistralmente, con un senso del ritmo davvero pregevole, scorre come un fiume in piena e tiene incollati alle pagine; una lettura che consiglio a chiunque piaccia il genere noir.
di questo artista poliedrico  ho letto anche altro, ma questa è senza ombra di dubbio la sua opera migliore. la sua opera prima.
ecco l'incipit




L'uomo è uno e nessuno.
Porta da anni la sua faccia appiccicata alla testa e la sua ombra cucita ai piedi e ancora non è riuscito a capire quale delle due pesa di più. Qualche volta prova l'impulso irrefrenabile di staccarle e appenderle a un chiodo e restare lì, seduto a terra, come un burattino al quale una mano pietosa ha tagliato i fili.
A volte, la fatica cancella tutto e non concede la possibilità di capire, l'unico modo valido di seguire la ragione è abbandonarsi a una corsa sfrenata sul cammino della follia.
Tutto intorno è un continuo inseguirsi di facce e ombre e voci, persone che non si pongono nemmeno la domanda e accettano passivamente una vita senza risposte per la noia o il dolore del viaggio, accontentandosi di spedire qualche stupida cartolina ogni tanto.
C'è musica dove si trova, ci sono corpi che si muovono, bocche che sorridono, parole che si scambiano e lui sta fra di loro, uno in più per la curiosità di chi vedrà sbiadire giorno per giorno anche questa fotografia.
L'uomo si appoggia a una colonna e pensa che sono tutti inutili.
D fronte a lui, dall'altra parte della sala, sedute una di fianco al'altra a un tavolo vicino alla grande vetrata che dà sul giardino, ci sono due persone, un uomo e una donna.
Nella luce soffusa, lei è sottile e dolce come la malinconia, ha i capelli neri e gli occhi sono verdi, talmente luminosi e grandi che li vede anche da lì. Lui ha occhi solo per la sua bellezza e le parla all'orecchio, per farsi sentire oltre il frastuono della musica. Si tengono per mano e lei ride alle parole del compagno, rovesciando la testa all'indietro o nascondendo il viso nell'incavo della sua spalla.
Poco fa lei si è voltata, forse punta in qualche modo dalla fissità dello sguardo dell'uomo appoggiato alla colonna, cercando l'origine di un lontano disagio. I loro occhi si sono incrociati ma quelli di lei sono passati indifferenti sulla sua faccia come sul resto del mondo che la circonda.
È tornata a regalare il miracolo di quegli occhi all'uomo che è con lei e che la ricambia con lo stesso sguardo, impermeabile a ogni messaggio esterno al di fuori della sua presenza.
Sono giovani, belli, felici.
L'uomo appoggiato a una colonna pensa che presto moriranno.

Giorgio Faletti