Non sono facile all'odio: lo ritengo un sentimento animalesco e rozzo e preferisco che le mie azioni e i miei pensieri, nel limite del possibile, nascano dalla ragione.
Per questo motivo non ho mai coltivato l'odio come desiderio primitivo di rivalsa, di sofferenza inflitta al mio nemico vero o presunto, di vendetta privata.
Devo aggiungere che, per quanto posso vedere, l'odio è un sentimento personale: è rivolto contro una persona, un nome o un viso.
I nostri persecutori nazisti non avevano viso, né nome: erano lontani, invisibili, inaccessibili; prudentemente, il sistema nazista faceva sì che i contatti diretti fra gli schiavi e i signori fossero ridotti al minimo.
Dopo la guerra, inoltre, il nazismo e il fascismo sembravano giustamente e meritatamente tornati nel nulla, svaniti come un sogno mostruoso, così come spariscono i fantasmi al canto del gallo. Come avrei potuto coltivare rancore o volere vendetta contro una schiera di fantasmi?
Non molti anni dopo, l'Europa e l'Italia si sono accorte che questa era un'ingenua illusione: il fascismo era ben lontano dall'essere morto, era soltanto nascosto, stava facendo la muta per ricomparire in una veste nuova, un po' meno riconoscibile e un po' più rispettabile, più adatta al nuovo mondo che era uscito dalla catastrofe della Seconda Guerra Mondiale, che esso stesso aveva provocata.
Devo confessare che davanti a certi visi non nuovi, a certe vecchie bugie, a certe figure in cerca di rispettabilità, a certe indulgenze e connivenze, provo la tentazione dell'odio con una certa violenza.
Ma io non sono un fascista: io credo nella ragione e nella discussione come supremi strumenti di progresso, e perciò all'odio antepongo la giustizia."
sovente, mi capita di frequentare mercatini di libri usati, dove posso trovare vecchie edizioni rilegate di romanzi senza tempo. ho sempre pensato che alcuni libri mi vengano a cercare sottovoce; a me non resta che portarli via con me, e riporli nella mia piccola libreria. li lascio lì a decantare, fintantoché un titolo non mi chiama, perché è giunto il momento e la situazione per trarne arricchimento o insegnamento. qualcosa di magico mi lega a loro, ogni titolo riaccende un destino che continua ad essere sostanza per la mia vita.
una settimana fa, ho sentito il richiamo di Herman Melville, con il suo Moby Dick, e i primi capitoli mi hanno già irrimediabilmente conquistata.
"Tutto ciò che sconvolge e tormenta di più, tutto quel che rimescola la feccia delle cose, ogni verità farcita di malizia, ogni cosa che spezza i tendini e coagula il cervello, tutti i subdoli demonismi della vita e del pensiero, ogni male insomma, per quell'insensato di Achab, era personificato in modo visibile e reso raggiungibile praticamente in Moby Dick. Sulla gobba bianca della balena ammucchiava il peso di tutta la rabbia, di tutto l'odio sentiti dalla sua razza fino da Adamo. Poi, come se avesse un mortaio in petto, le sparava addosso il cuore rovente. "