oggi ho riordinato le carte e i documenti ingialliti che furono di mio padre.
ho ritrovato il suo congedo illimitato, la sua carta di identità e la sua patente di guida accompagnate da fotografie nette e spudoratamente vive che mi hanno ricordato l'uomo che era: schietto, orgoglioso, generoso e spiccatamente ironico, che fece dell'onestà intellettuale il suo percorso di vita. andava fiero delle sue origini montanare e raccontava spesso della sua infanzia sofferta, povera e orfana di madre, costellata di sacrifici non adatti alla sua età, ma che non gli avevano mai impedito di andare incontro alla vita e alle sue difficoltà con dignità e un sorriso carico di aspettative. così si è fatto uomo e lavoratore indefesso, e dal nulla ha saputo creare il suo fare con onestà e rigore.
è stato un genitore che a volte si mostrava burbero, un atteggiamento che in realtà celava una sensibilità che sembrava avere pudore di se stessa, ma che rivelava nei suoi piccoli gesti; sì, aveva una sensibilità e un'intelligenza sempre in avanscoperta che mi hanno resa orgogliosa di essere sua figlia.
ho scartabellato quello che fu di mio padre con calma, ritagliandomi una stanza immaginaria dentro la quale far prendere corpo e forma a ricordi che svolazzavano nelle mie emozioni, fino a quando tutto si è fermato, tutto si è congelato alla vista di quelle cartelle cliniche scritte a mano da un inchiostro sconosciuto che decretavano la condizione di coma irreversibile del mio papà, e che sancivano il termine ultimo del suo percorso terreno.
furono giorni terribili quelli in cui assistetti impotente alla vista di quell'omone forte e granitico condannato a spegnersi lentamente, in quella stanza pre-morte, prigioniero di quei tubi e dipendente da quella macchina che lo aiutava a respirare sbuffando ripetutamente come in una cantilena stanca ed antica.
io, cosa potevo fare? superato quel primo momento di sbigottimento che mi aveva proiettata in un assurdo non-dove, gli parlavo, certa che lui mi stesse ascoltando; gli stringevo la mano per rafforzare quell'inspiegabile contatto psichico che sentivo fluire nella mente; gli facevo ascoltare in cuffia la musica che tanto amava, mentre mi cibavo di speranze assurde illudendomi stupidamente che potesse succedere ciò che non sarebbe mai accaduto.
non riuscivo ad immaginare il doloroso fatto che mio padre potesse lasciare la sua famiglia. no, non ne concepivo l'idea, era troppo presto e assurdo, e finché lui era lì, in quel freddo e silenzioso reparto di rianimazione, finché lo vedevo lì
la speranza ostinata di una sua piccola e microscopica ripresa non si sarebbe spezzata in me,
seppure i medici ogni santo giorno ripetessero con umanità l'evidenza della tragica situazione.
ora, mentre scrivo, sto piangendo e mi chiedo che significato possano avere queste lacrime,
perché il bene che il mio papà ha regalato alla mia esistenza non mi ha mai lasciata e questa certezza mi conforta e mi rende - per certi versi - libera dal dolore,
ma sono anche triste per una mancanza fisica che scava in quel pozzo profondissimo di malinconia dal sapore di tempi finiti troppo in fretta.
raccolgo le lacrime tra le mani e poi le chiudo in un pugno per stringere a me il pensiero di un uomo che a volte mi manca davvero tanto e che vorrei ancora accanto a me per rinnovare quel rapporto unico e speciale che vive oltre ogni confine.
vorrei averlo ancora accanto a me per continuare a parlare di tutto e di niente come facevamo negli ultimi tempi, per continuare a renderlo fiero di me con i miei gesti, per confidarci a vicenda piccoli segreti sussurrati all'improvviso, per abbracciarlo, per sorridere della gente, del mondo e della vita di cui era perdutamente innamorato, e per tante altre piccole cose che rendevano i nostri incontri uno scambio infinito di sintonie.
mio padre si soffermava spesso sul mistero della morte,
e quando assisteva alla dipartita di qualche conoscente o qualche parente, seppur profondamente dispiaciuto, guardando ed ascoltando i lamenti funebri di chi compiangeva gli scomparsi, andava confidando che trovava tutto un pochino assurdo e fuori dalla sua logica personale,
poiché sosteneva che non bisognava piangere i morti, che ciò non aveva significato,
in quanto il vero dovere di tutti era quello di onorarli da vivi.
domani ricorre l'anniversario della sua nascita.
preferisco ricordare il suo compleanno e non la data della sua morte,
perché sono convinta che finché non c'è dimenticanza
nulla e nessuno potrà mai morire..
©*Liolucy