28 agosto 2024
Reprise
26 agosto 2024
Fingere
23 agosto 2024
17 agosto 2024
9 agosto 2024
7 agosto 2024
La Poesia Più Difficile
31 luglio 2024
30 luglio 2024
Rimembranze Estive - capitolo 3 - Quella volta che...
Eh sì, mi piaceva un mondo il tennis ed ero sempre alla ricerca di giocatori o giocatrici con cui condividere la mia stessa passione. Di ragazze della mia età che giocassero in modo decente non ce ne erano nella mia zona, e così molto spesso mi ritrovavo a sfidare i maschietti, che si divertivano con me perché li facevo sudare, li facevo correre con i miei tiri tesi ed incrociati e anche con il mio rovescio micidiale che li lasciava allibiti. Il rovescio era il mio colpo migliore, però difettavo nel servizio che non era un granché.
A quei tempi - parliamo dei miei diciasette anni - mi ero aggregata ad un piccolo gruppetto di appassionati che frequentavano i campi (tra cui anche il sindaco del paese con cui parlavo spesso anche di politica) e ci organizzavamo per disputare dei doppi o piccoli tornei amatoriali. Nacquero amicizie spensierate e allegre che durarono solo il tempo di una stagione. Legai in modo particolare con una coppia che aveva anche una figlia, una bambina di circa sei anni, bellissima. Erano persone molto gradevoli nei modi di fare e nello stare insieme agli altri, socievoli. Il marito, che ora chiamerò Ivo (un nome inventato, preferisco non scrivere quello vero) era un uomo di circa 30 anni, esempio di bellezza mediterranea di cui lui era consapevole, gestiva con successo alcuni negozi di calzature. La moglie, sua coetanea e che chiamerò Yvette, si occupava del lato burocratico della loro impresa. Yvette era una bella donna, capelli lunghi mossi, occhi scuri, era davvero fascinosa ma non se ne vantava. Caratterialmente era dolce, una meraviglia, ci andavo molto d'accordo e la ricordo con tenerezza. Ivette però si era scelta un marito che faceva il piacione perché evidentemente si riteneva un uomo belloccio. Al di là del giudizio prettamente estetico però io non ci vedevo nulla di affascinante in lui, anche perché era molto vanitoso, si pavoneggiava e molte volte faceva ingelosire sua moglie di proposito. Non erano punti a suo favore ai miei occhi. Primo, perché i miei occhi non si fermavano - e ancora tutt'oggi non si fermano - solo all'aspetto esteriore di una persona. E secondo, perché ci tenevo molto al benessere della mia amica Yvette.
Una volta andai a casa loro di prima mattina come avevamo stabilito, perché dovevamo recarci tutti insieme fuori provincia per partecipare ad un torneo al quale ci eravamo iscritti. Quella mattina Ivo e Yvette cominciarono a litigare e anche se io mi facevo sempre i fatti miei, capii che lei lo accusava di fare il galletto con altre donne e che faceva lo stronzetto con lei. Alla fine si riappacificarono perché Ivo sapeva come prendere Yvette e come farsi perdonare delle sue mascalzonate. Yvette, da quella mattina cominciò a confidarsi con me ed io la ascoltavo interessata e curiosa. La nostra amicizia diventò sempre più stretta e affettuosa, con mio sommo piacere.
Intanto tutto procedeva per il meglio nel nostro gruppetto di appassionati, ci divertivamo tutti insieme, uscivamo nei sabati sera, e una volta partecipammo anche ad una festa privata in maschera che si svolse in un antico palazzo barocco. In quell'occasione io mi vestii da uomo. Un bel paio di baffi, i capelli lunghi raccolti e nascosti sotto un cappello a tesa larga, calzoni alla zuava, camicia, gilet, fucile e in cintura un porta cartucce; insomma mi ero travestita da brigante. Ma non partecipai più di quel tanto ai festeggiamenti, smangiucchiai qualcosa al buffet, origliai qualche discorso (noioso) e subito dopo sgaiattolai fuori dal salone. Sola soletta andai ad esplorare le stanze del palazzo, con le stelline negli occhi e il cuore palpitante alla vista di cotanta beltà. Dipinti, stucchi, tendaggi, pareti, pavimenti, scalinate, tutto era meraviglioso. Persi la cognizione del tempo e mi incantai ad ammirare quelle stanze sontuose, sembravano non finire mai. Mi risvegliai dal sogno ad occhi aperti solo quando cominciarono a scoppiare i fuochi d'artificio che fecero da cornice finale alla bellezza del posto, tra alberi secolari e giardini da favola. Serata indimenticabile.
Poi successe un fatto abbastanza increscioso che mi costrinse ad allontanarmi dall'allegra brigata. Il fatto è questo:
Ivo e Yvette mi invitarono ad andare nel loro negozio per scegliere delle scarpe che intendevano regalarmi per dimostrare la loro amicizia e la simpatia che nutrivano per me; io ero la piccola del gruppo e mi coccolavano. "Vieni quando vuoi. Se non ci sono io perché magari sono impegnata con la bambina, troverai sempre Ivo che ti saprà consigliare" mi disse con entusiasmo la mia amica Yvette. Detto fatto. Una sera, sul far del tramonto, mi recai in negozio e il caso volle che fosse presente solo Ivo. Mi mostrò qualche modello sportivo, mi parlò anche di altre cose e mentre chiacchierava a ruota libera, repentinamente e con mossa da giaguaro spense le luci dal quadro generale e mi baciò sulla bocca stringendomi a sé. Nell'attimo rimasi sbalordita, poi mi divincolai e istintivamente mollai un ceffone a Ivo con tutte le mie forze e gli dissi solamente "ma come ti permetti?". Lui mi guardò un po' sorpreso, riaccese le luci mostrando un sorriso sbilenco e imbarazzato mentre io mi precipitai fuori dal negozio con molta rabbia addosso.
Dopo quell'episodio chiusi i legami con il gruppo e smisi di frequentare quei campi da tennis, né tantomeno mi azzardai a raccontare qualcosa a Yvette, non volevo procurarle ulteriori dissapori col marito, e devo dire che mi dispiaceva che si fosse innamorata di un uomo che non la rispettava. Non rispettava lei e neppure la bambina. Era uno stronzo. Ma l'amicizia con Yvette non finì, ci vedemmo ancora e durante i nostri incontri mi confidò delle sue sofferenze con il compagno. Poi i nostri appuntamenti si diradarono sempre di più fino ad annullarsi. In quel frattempo lei e il marito caddero in crisi profonda. Dopo circa un anno venni a sapere da terzi che Yvette si era lasciata con Ivo e che si era trasferita in una casa più piccola insieme alla bambina, con tutte le difficoltà del caso. Un destino già scritto, la loro separazione non mi stupì e pensai che in fondo il loro distacco non fosse altro che una liberazione per Yvette. Le telefonai, lei mi diede il suo indirizzo invitandomi ad andarla a trovare quando si sarebbe sistemata per benino, ma per quel momento era molto affranta. Non la risentii mai più, la vita e la scuola mi trascinarono verso altri lidi e altre nuove conoscenze. Dolcissima Yvette, sono sicura che tu abbia trovato un compagno degno della tua bellezza interiore e della tua avvenenza, e sappi che mi sei rimasta nel cuore. Sei stata una piccola gemma che ha illuminato la mia adolescenza.
Per quanto mi riguarda, fu la primissima volta che diedi uno schiaffo ad un uomo (ci fu anche un'altra occasione) e la cosa non mi piacque per nulla, perché ho sempre tenuto in gran conto l'altra metà del cielo ed ho sempre pensato che il volto di un ragazzo o di un uomo vada accarezzato da una donna. Ma se ero arrivata al punto di schiaffeggiare Ivo significava che quella metà di cielo che lui rappresentava aveva mostrato le sue miserie. Devo anche aggiungere che da allora capii che con certi uomini non potevo pretendere un'amicizia semplice e sincera, era praticamente impossibile, era come pretendere la Luna in un bicchiere. Qualche tempo dopo capii anche che ero un pochino addormentata, nel senso specifico che fino ad allora non avevo compreso che alcuni uomini mi guardavano in una certa maniera.
Quando ricominciai a giocare a tennis lo feci solo con i miei coetanei o con amici di poco più grandi di me, o con il mio maestro di tennis. Oppure, in mancanza di queste occasioni e nei casi di bisogno impellente, giocavo in solitaria facendo rimbalzare la pallina contro un muro e ripercorrendo con la mente le imprese passate di Adriano Panatta o gli incredibli match di Bjorn Borg.
-Lu